Secondo l’analisi Office for National Statistics (ONS) in UK, Uber non rientra fra gli operatori di Sharing Economy.
Quando parliamo di Sharing Economy spesso facciamo riferimento a Uber. Quante volte abbiamo letto “La nuova Uber…” “La Uber delle consegne…” “La Uber dei viaggi in barca…” Ogni qualvolta si fa riferimento a una nuova app o a un’azienda che opera nella Sharing Economy si pensa a Uber.
Ma siamo sicuri che Uber è il simbolo della Sharing Economy?
Secondo Pauline Beck dell’Office for National Statistics (ONS) Uber non è Sharing Economy.
La Sharing Economy è ormai entrata nella quotidianità di tutti noi. Il settore è in forte crescita e, secondo lo studio di PricewaterhouseCoopers, entro il 2025 il settore varrà 570 miliardi. Sebbene il settore è in crescita è piuttosto trascurato dalle statistiche ufficiali.
L’ONS ha deciso, pertanto, di prestare particolare attenzione al settore e quindi di analizzarlo.
Una delle maggiori difficoltà secondo Beck è stata quella di definire la Sharing Economy.
In mancanza di una definizione ufficiale, l’istituto ne ha data una sua:
La Sharing Economy è la condivisione di attività sottoutilizzate attraverso transazioni peer-to-peer tramite l’intermediazione digitale, consentendo alle parti di beneficiare dell’utilizzo dell’attività al di fuori del suo uso primario.
Perchè Uber non è Sharing Economy?
Dopo aver definito la Sharing Economy è stato creato un apposito albero di classificazione. Un’azienda per essere inclusa nella Sharing Economy doveva rispondere alle seguenti domande:
– La società ha un’app o un sito web?
– L’app o il sito web consentono il matching fra gli utenti?
– Permette transazioni senza trasferimento di proprietà?
Uber è stata esclusa perché di coloro che offrono il servizio taxi con Uber, vedono l’attività più come un lavoro a tempo pieno piuttosto che una seconda attività di condivisione di un servizio o di un bene.
L’ONS ha poi dichiarato di essere più interessata a quei servizi di Sahring Economy che fungono più come attività secondarie o collaterali.
Successivamente l’ONS ha iniziato con i primi sondaggi secondo i quali è risultato che il 22% degli intervistati ha trovato una camera o un alloggio attraverso le piattaforme di condivisione e che il 10% ha organizzato i propri spostamenti attraverso il Carsharing.
L’aspetto interessante di questa ricerca è che sia stata individuata una linea di demarcazione fondamentale fra ciò che è Sharing Economy e ciò che non lo è. Ossia l’impiego full time delle risorse. Se l’attività di condivisione diventa la principale fonte di reddito e impiega la maggior parte del tempo dei suoi utenti, allora diventa un lavoro a tutti gli effetti e non è più Sharing Economy. Viceversa se l’attività di condivisione è finalizzata ad allargare la platea di utilizzatori di beni o servizi inutilizzati o sottoutilizzati senza un impiego eccessivo di tempo e risorse allora l’attività è da considerarsi Sharing Economy.