La Sharing Mobility è una realtà consolidata nei diversi centri urbani della penisola italiana. I temi della mobilità e della sostenibilità sono al centro dei dibattiti politici. Spesso però le soluzioni che vengono adottate creano alcuni grattacapi alle amministrazioni comunali, come ad esempio il parcheggio selvaggio di bici e monopattini. Allo stato attuale possiamo dire che siamo in una fase grezza dove da un lato c’è una forte domanda da soddisfare e dall’altra c’è il tentativo dei diversi operatori di calibrare al meglio la propria offerta.
In tal senso si inserisce Scuter la startup italiana che sta riprogettando verticalmente la Sharing Mobility offrendo non solo un servizio innovativo ma anche un mezzo di trasporto del tutto nuovo e studiato appositamente per la mobilità condivisa in città.
Oggi abbiamo il piacere di intervistare Gianmarco Carnovale e di capire meglio il mondo di Scuter.

 

1) Anzitutto volevo chiederti di spiegarci che cos’è e cosa fa Scuter?

 

Scuter è un sistema di mobilità urbana e anche una infrastruttura per la sostenibilità ambientale costruita intorno al primo mezzo elettrico pensato solamente per la Sharing Mobility. Scuter conferisce una soluzione alternativa alla mobilità degli utenti di tutti i giorni evitando, di conseguenza, di utilizzare il proprio mezzo privato e recandosi da un punto A ad un punto B (destinazione) in estrema sicurezza, agilità, facilità e rispettando al 100% l’ambiente. Di fianco a questo, in modo meno visibile all’utente, Scuter si occupa di dati ed energia.

 

2) A chi vi rivolgete?

 

Il nostro target è molto ampio. A livello di utenza individuale direi che ci rivolgiamo a tutti coloro che quotidianamente svolgono spostamenti per lavoro, studio, per motivazioni personali e quant’altro e che valutino lo sharing come una soluzione utile per la comunità. Ma il nostro “cliente” in senso più lato sono le città, a cui offriamo un impatto significativo in termini di efficientamento e sostenibilità.

 

3) Qual è la vostra mission?

 

Rendere gli spostamenti del nostro target sempre più sicuri, sostenibili e semplici, andando ad abbattere alcune caratteristiche negative delle città come il traffico e l’inquinamento per quanto possibile.

 

 

 

4) Come è nata l’idea?

 

Da un incontro tra co-fondatori che arrivavano da percorsi molto differenti: Gianmarco Carnovale dal mondo delle startup e dell’innovazione trasformativa, Gabriele Carbucicchio e Carmine Di Nuzzo dal settore della progettazione e produzione di ciclomotori tradizionali che stava muovendo i primi passi verso l’elettrico, Luca Ruggeri dal mondo delle telecomunicazioni.

Su stimolo di una grande utility hanno iniziato a ragionare sul nascente mondo dello sharing – al mondo in quel momento c’erano i primi due operatori di car (uno in Europa e uno in Corea) ed uno in partenza in California con gli scooter.

Al di là del vedere immediatamente le opportunità offerte dalla punto di vista della architettura informatica, hanno realizzato subito che i veicoli “commerciali” che gli altri stavano usando potevano portare più problemi che benefici, e soprattutto che un’auto benchè in sharing fa sempre la fila nel traffico e deve cercare parcheggio. Uno scooter, invece, si rivolge ad una utenza più ristretta di quella dell’auto, soffre il cattivo tempo e la stagionalità, e poi l’obbligo del casco non si concilia con la condivisione tra più utenti. Il limite dello sharing erano chiaramente i veicoli non pensati per lo sharing.

Così si è iniziato a disegnare qualcosa con caratteristiche uniche, mai viste prima tutte insieme: compatto ed agile come uno scooter per avere velocità di spostamento nel traffico e di parcheggio, con cellula protettiva e con la stabilità delle tre ruote per avvicinarsi all’auto, e poi via il casco grazie alle cinture di sicurezza. Ovviamente con tanta robustezza, perchè un mezzo in sharing deve sopportare un uso molto più intenso di uno di proprietà, e trazione elettrica per azzerare le emissioni.

Dal disegno siamo passati al primo modello in stampa 3D, poi ad un prototipo in dimensione naturale “semi circolante”, poi al primo effettivamente guidabile, poi un successivo molto migliorato nelle caratteristiche ciclistiche, poi ad uno in materiali del tutto diversi per ridurre il peso e che abbiamo omologato, ed infine al veicolo di quinta generazione che è quello che stiamo producendo in serie per lanciare il servizio. E abbiamo in mente anche diverse evoluzioni future.

 

5) Come sappiamo uno dei problemi della Sharing Mobility è il parcheggio selvaggio di bici o monopattini, il vostro sistema è soggetto allo stesso tipo di problematica?

 

Il parcheggio selvaggio è stato uno dei principali problemi da voler risolvere. I nostri mezzi hanno un peso di circa 100kg, enormemente di più rispetto a monopattini e biciclette quindi quasi impossibili da sollevare e posizionare sui marciapiedi. Poi sono targati, quindi multabili seguendo le norme del codice della strada, che a noi consentono di addebitare la responsabilità a chi ha parcheggiato male, e questo responsabilizza molto gli utenti e riduce di molto il problema. Nel tempo pensiamo anche di introdurre la computer vision, così che il veicolo capisca in tempo reale se il guidatore lo sta lasciando in una posizione consentita o se impedire la chiusura della corsa.

 

 

 

 

6) I vostri mezzi sono più adatti ai grossi centri urbani oppure prevedete che si adattino bene anche a paesi di provincia?

 

Al momento, dopo il lancio delle flotte nella prima grande città, abbiamo l’obiettivo di entrare in diversi mercati di altre grandi città italiane e delle capitali europee ma, per i centri minori, abbiamo in mente di operare in modo indiretto, parlando con i Comuni e le ditte di trasporto locale, o con le società energetiche, per delle partnership. Di base diciamo che metteremo in priorità i grandi centri che vivono un forte problema di traffico e smog, per poi andare a rivolgerci a città di medie e forse anche piccole dimensioni.

 

7) Quando vedremo i vostri mezzi circolare per le nostre città?

 

Stiamo portando a conclusione gli ultimi dettagli per il lancio della flotta, che è un lavoro molto più complesso di quanto possa sembrare. A parte i permessi, c’è lo studio delle aree operative, i servizi di logistica, la manutenzione e pulizia dei veicoli, il piano di comunicazione, il call center per i clienti, l’automazione dei processi: le attività da progettare intorno ad un servizio di sharing urbano sono moltissime, ma manca sempre meno al giorno zero!

 

Qui di seguito il link della strat up Scuter:

www.scuter.co

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