Cos’è e come nato il modello reticolare. Dal modello Hollywoodiano al mondo del noleggio

Fare rete, creare un network, seguire un modello reticolare, fare sistema, collaborare, aggregarsi, consorziarsi. Sono tutte espressioni che negli ultimi anni sono state più volte ripetute e che abbiamo sentito in ogni ambito. Spesso rituonavano come imperativo. Come un obbligo. Come l’unica risposta possibile per far fronte a una crisi o a un mercato saturo. Fenomeni però che sono temporanei, o almeno è quello che speriamo. Per cui spesso il fare rete è visto più come un ripiegamento temporaneo. Come una fase della vita di impresa o come una deviazione momentanea.

E se invece il fare rete sia più semplicemente un’evoluzione fisiologica del proprio settore di riferimento? Che la scelta di fare rete sia dettata più dalla complessità del settore in cui uno opera piuttosto che dalla crisi stessa?

 

Cosa vuol dire fare rete?

Rubiamo la definizione di reti di imprese dal libro “Gli accordi tra imprese” del Professor Paolo Bastia:

“è un insieme di aziende giuridicamente autonome, che attraverso reciproci impegni di cooperazione realizzano in modo consapevole e finalizzato una coordinazione produttiva, sfruttando gli aspetti complementarietà tecnica ed economica delle rispettive gestioni in vista del conseguimento di obiettivi economici congiunti, da cui ritrarre indirettamente dei vantaggi individuali”.

Questa definizione mi piace molto perchè contiene i concetti chiave della rete di imprese:

  • insieme
  • complementarietà
  • obiettivi economici congiunti
  • vantaggi individuali

Questi quattro punti definiscono quello che è una rete di imprese o un “modello reticolare“.

I 4 punti del modello reticolare

L’insieme. L’esistenza di un contenitore o uno spazio comune. Ovviamente per far nascere una rete di imprese bisogna creare un insieme di imprese.

Ma come devono essere queste imprese? Che caratteristiche devono avere? Essere complementari e quindi l’attività peculiare di ciascuna impresa va a integrare quella delle altre costituendo un nuovo organismo.

Qual è il fine ultimo del fare rete? Raggiungere e realizzare un obiettivo economico comune. Quindi può essere, ad esempio, la realizzazione di un progetto, una commessa, un particolare target di mercato… Sempre, però, nell’ottica che ciascuna impresa ne trae un beneficio economico.

Cosa dice il legislatore?

Senza soffermarci troppo sugli aspetti giuridici, lo stesso legislatore dà una definizione alla Rete di Impresa nell’art. 6-bis della legge n. 133/2008

promuovere lo sviluppo del sistema delle imprese attraverso azioni di rete che ne rafforzano le misure organizzative, l’integrazione per la filiera, lo scambio e la diffusione delle migliori tecnologie, lo sviluppo di servizi di sostegno e forme di collaborazione tra realtà produttive anche al fine di migliorare la presenza nei mercati internazionali.

Perchè nascono le reti ?

Ora che abbiamo definito cosa vuol dire fare rete e quindi il modello reticolare dobbiamo capire un aspetto fondamentale: perchè nascono le reti?

Secondo me, per capire al meglio cos’è un modello reticolare e il motivo per cui nasce, non esiste metodo migliore che quello di illustrare uno dei primi modelli reticolari nella storia dell’economia.

In molti siamo tentati a pensare che il modello reticolare sia nato coi computer. Oramai è una pratica piuttosto consolidata nel settore.

Ma, forse, non tutti sanno che uno dei primi settori ad adottare il modello reticolari è quello del cinema. Il modello organizzativo Hollywoodiano ha fatto scuola nel mondo del business ed è diventato un punto di riferimento per la riorganizzazione di altri settori. Ammetto che sto rubando questa storia dal libro “L’era dell’accesso”di Jeremy Rifkin.

Il modello organizzativo Hollywoodiano

Le aziende cinematografiche in origine avevano un modello organizzativo basato sui principi “fordisti”. Suona male, ma la produzione di un film seguiva la logica della catena di montaggio. Addirittura negli anni ’20 erano venduti a metro.

Le strutture organizzative erano di tipo gerarchico. Avevano reparti diversi per le diverse fasi di un film. Sceneggiatori,, pianificatori delle produzione,squadre di produzione e attori, reparti interi che si occupavano fabbricare le scene, gestire i set, le sale di doppiaggio, i laboratori di svilupppo e montaggio, promuovere e distribuire i film. Tutti che seguivano la logica della catena di montaggio. Ciascun prodotto si muoveva da un reparto all’altro esattamente come un semilavorato all’interno di una fabbrica.

La sentenza della Corte Suprema e l’avvento della TV

Ovviamente questo genere di procedimento richiedeva aziende strutturate con grossi capitali e infatti fino agli anni 40 gli studios controllavano il 73% del noleggio cinematografico e possedevano un quarto delle sale cinematografiche americane.

Verso la fine degli anni 40 arrivarono due fattori esogeni che cambiarono per sempre il settore: la sentenza antitrust della Corte Suprema che di fatto obbligò gli studios a cedere le sale cinematografiche e l’avvento della TV. Da un lato gli studios non potevano più esercitare il loro potere di controllo sui clienti e dall’altro l’arrivo di un nuovo concorrente che offriva gratis e comodamente a casa un servizio simile a quello degli studios.

La prima crisi del settore cinematografico

Tra il 1946 e il 1956 il fatturato scese del 40%.

Inizialmente la prima reazione degli studios fu di abbandonare la produzione in serie per concentrarsi sulla produzione di qualità, in grado di attrarre un maggior numero di persone. Fu l’era degli spectaculars. I film erano più elaborati, erano l’uno differente dall’altro e quindi richiedevano più tempo e più costi di lavorazione. Le major continuavano ad avere al loro interno tutta la filiera produttiva. Questa combinazione di fattori portò inevitabilmente a un aumento del rischio finanziario.

La svolta

La maggior qualità ed unicità del prodotto richiedeva inoltre professionalità altamente specializzate. Gli studios iniziarono, così, a cercare al di fuori della propria organizzazione professionisti del settore. Iniziarono, quindi, a terzializzare il lavoro affidandosi a imprese esterne ottenendo così una maggiore ripartizione del rischio in caso di flop del film.

Iniziarono a ragionare in termini di progetto. Ciascun film non era più un prodotto bensì un progetto. Attorno al progetto si raccoglievano professionisti specializzati in ambiti diversi. Sceneggiatori, costumisti, riprese, casting… tutti lavorano in maniera indipendente, creando una partnership temporanea. A loro volta ciascuna impresa poteva essere coinvolta su diverse produzioni cinematografiche in modo tale da ammortizzare il rischio.

Questo sistema ha innescato un ciclo virtuoso per cui ciascuna azienda oltre a vendere le proprie competenze ne può acquisire di nuove grazie alle diverse collaborazioni.

Da un modello integrato verticale a un modello reticolare orizzontale.

Si è passati quindi da una modello integrato verticale a un modello reticolare orizzontale. Il sistema permise, inoltre, il proliferare di nuove case produttrici indipendenti. Si passò da un 28% di film prodotti dalle case indipendenti a un 58% negli anni 90.

Le major, oggi, occupano, ancora, un ruolo rilevante in tutto il settore. A loro spettano i due ruoli più importanti quello finanziario e quello distributivo.

In sintesi quali sono i fattori che inducono a fare rete?

Come abbiamo visto i fattori che spinsero a un modello reticolare furono 2. La crisi del settore e la complessità del settore.

I film in serie non erano più un prodotto che aveva sbocchi di mercato a causa della concorrenza della tv e per aumentare la qualità dei film era necessario affidarsi a imprese esterne e ripartire il rischio.

La crisi come sempre gioca un ruolo importante. E’ il primo passo verso il cambiamento.

Ma la complessità è un aspetto che spesso sottovalutiamo. Pensate al numero di professionalità che ruotano attorno alla creazione e gestione di un sito internet. C’è il grafico, il sistemista,lo sviluppatore, il SEO, il social media manager, brand manager, community manager, web editor, web analyst, l’e-coomerce manager…

E questo perchè ciascuna professionalità, oltre a richiedere una preparazione specifica, è in continua evoluzione ed è fiosiologicamente impossibile essere preparati su tutto. Per cui una struttura reticolare è un passaggio d’obbligo.

Il modello reticolare nel noleggio

 

Il noleggio sta iniziando a vedere il nascere di aziende sempre più orientate a una singola nicchia o a offrire uno specifico servizio. Si sta evolvendo e vede così crescere il suo grado di complessità. Soprattutto nel settore dell’edilizia e delle macchine operatrici. Grazie alla tecnologia, infatti, nascono macchinari sempre più specifici e diversi fra loro. Così le scelte per gli operatori sono due. O creo un enorme parco macchine oppure mi appoggio a esterni cercando di fare rete.

Grazie alla tecnologia, infatti, nascono macchinari sempre più specifici e diversi fra loro. Così le scelte per gli operatori sono due. O creo un enorme parco macchine oppure mi appoggio a esterni cercando di fare rete.

Al centro il servizio

Nel noleggio il cliente compra un servizio. Il servizio è l’utilizzo di un bene. Ma l’utilizzo del bene dipende dalla disponibilità di un mezzo. Se un cliente mi chiede una macchina che non ho in casa perchè è già noleggiata è chiaro che non sto dando un servizio.

La necessità è quella di allargare il parco macchine per dare la disponibilità.La disponibilità si ottiene integrando il proprio parco macchine con nuovi prodotti.

Ma nel noleggio l’incognita è sempre quanto sarà il mio ritorno di investimento su quella macchina? Dovrò investire del denaro per acquisire un nuovo target di clientela? Quanto conosco quel target e quanto ci devo investire sopra per portare a reddito il mio macchinario?

Ciascun noleggiatore ha un proprio mercato di riferimento. Chi noleggia macchine più piccole per l’edilizia ha una certa tipologia di cliente che è diversa dal cliente che deve fare opere di ingegneria civile e necessita di macchine operatrici pesanti. Sono servizi diversi rivolti a target diversi di clientela.

 

Cosa vuol dire fare rete nel noleggio?

 

In questo caso il modello reticolare funziona molto bene. Attraverso una rete fra imprese che offrono servizi complementari si può essere in grado di rispondere alle diverse esigenze dei clienti riducendo il rischio di impresa.

Quando mi viene richiesta una macchina che non è presente bel mio parco macchine, la posso subnoleggiare. Viceversa, posso anche ipotizzare di lasciare ferme sul piazzale di un partner delle mie macchine in modo tale da essere immediatamente pronte per l’uso. Posso altresì pensare di condividere spazi di lavoro con altre imprese di noleggio creando così spazi di multiservizi.

Le ipotesi sono molte e le analizzeremo nei prossimi articoli.

Venditori di soluzioni

Quello che però è importante capire, è che il noleggiatore non è solo un soggetto che ha un parco macchine ma è un venditore di soluzioni.

Siamo tutti clienti e consumatori. Quanti di noi dedicano molto tempo ai propri consumi? Spesso non abbiamo il tempo. Perchè il nostro tempo è impiegato in attività più produttive. Avere vicino a te un fornitore che si occupa della tua logistica e di darti la macchina adatta al tuo lavoro vuol dire risparmiare tempo. Per questo motivo chi noleggia è un venditore di soluzioni. E fare rete è una soluzione organizzativa. Non è solo una reazione alla crisi ma è la risposta più adatta alla complessità del proprio settore di riferimento.

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