Non solo mobilità condivisa, spopolano i servizi accessori, oggi parliamo di Park sharing.
Il Park sharing è il sistema che permette agli utenti di mettere in condivisione il loro posto e le altre persone possono usufruirne. Il sistema è piuttosto semplice.
Quante volte vi è capitato di girare a vuoto e impiegare diverso tempo per trovare parcheggio? Secondo le stime dell’Aci, un automobilista nelle grandi città italiane mediamente impiega non meno di 15 minuti per trovare parcheggio. Stesso problema in Inghilterra dove è stato calcolato che mediamente l’automobilista spende 106 giorni della sua vita a cercare parcheggio con un tempo medio di ricerca che va dai 6 minuti in provincia arrivando ai 20 minuti di Londra.
la ricerca del parcheggio senza stress
Per la maggior parte delle piattaforme il sistema è piuttosto semplice . Tre passaggi soltanto. Ricerca su app del posto auto, prenotazione attraverso il pagamento anticipato e infine ci si reca nel posto scelto lasciando il veicolo per il periodo indicato.
Come in buona parte delle realtà che operano nella sharing economy la filosofia è win to win.
Chi decide di mettere a disposizione il proprio posto auto riceve un introito che per alcuni può essere un guadagno per altri un modo per rientrare dei costi annuali. Chi invece decide di affittare il posto auto di un altro risparmia tempo e denaro anche perché mediamente costa meno di un qualsiasi parcheggio pubblico.
Park sharing? Piace anche ai sindaci
Non solo anche per i comuni questo genere di servizio è utile. Aiuta a decongestionare il traffico e non li costringe a investire denaro per creare nuovi parcheggi. In effetti impiegare denaro pubblico per creare dei tristi e grigi parcheggi non è esattamente il sogno di ogni amministrazione. Aderire invece a un progetto di park sharing rende le città più smart ed è un bel biglietto da visita per gli amministratori locali. In Inghilterra ad esempio sono stati siglati degli accordi per attrezzare alcuni box auto di ricarica elettrica in modo da favorire l’uso di auto ecologiche.
In buona parte d’Europa il park sharing è una realtà piuttosto affermata. Nello scorso articolo avevamo infatti parlato di come il governo inglese avesse cercato di favorirne lo sviluppo.
In Italia stiamo recuperando terreno ed esistono alcune aziende del settore piuttosto interessanti.
JustPark
JustPark è una delle realtà più affermate a livello internazionale. Fondata nel 2006 Anthony Eskinazi che dopo essersi trovato in difficoltà a trovare parcheggio per andare a vedere una partita di baseball a San Francisco, decise di porre rimedio a questo genere di problema. Nella start up hanno investito aziende del calibro di BMW con BMW i Ventures e Index Ventures un fondo che ha investito in aziende di successo come Just Eat, Dropbox e Facebook.
Secondo l’azienda il risparmio può arrivare sino a al 70% rispetto al parcheggio pubblico.
Nel 2012 hanno siglato una partnership con Transport for London, See plc e il costruttore di ricariche auto elettriche Chargemaster , per installare gratuitamente punti di ricarica lungo i vialetti nei posti auto privati di chi li mette a disposizione sul portale. I punti di ricarica, come i posti auto, possono essere prenotati online da terzi utilizzando l’apposita app.
Parking Panda
Parking Panda nata nel 2011 a Baltimora è la realtà più diffusa di park sharing negli USA. E’ presente nelle maggiori città americane da Atlanta a Washington, da Toronto a San Francisco. Il servizio è simile a quello di JustPark, la sua peculiarità, invece, che ha una buona presenza nelle aree limitrofe agli aeroporti che da sempre sono quelle più bisognose di posti auto.
Indigo
La Francia è nota per la predisposizione della sua economia alla sharing economy. La realtà più diffusa in Francia è quella di Indigo che conta 460.000 posti auto in 160 città.Il network è presente anche all’estero il 16 stati . Il sistema di individuazione e prenotazione è il medesimo descritto pocanzi. A differenza delle altre realtà Indigo è una società che si occupa della gestione dei parcheggi in diversi centri urbani e ha integrato la propria attività col park sharing per offrire una migliore esperienza di fruizione del servizio.
Mobypark
Mobypark è una realtà con 2 anime: una francese e l’altra olandese. L’azienda ha infatti 2 sedi una ad Amsterdam e l’altra a Parigi, 2 città con grossi problemi di parcheggio. Il loro network è diffuso in tutta Europa con una buona presenza in Italia a Bologna e in Belgio con Bruxels. Anche loro come Parking Panda possono vantare una buona presenza nelle aree aeroportuali.
Park Sharing in Italia
Sparky
Sparky è il servizio di park sharing made in Italy e attivo in tutta Europa. Il loro motto è: “Il tuo parcheggio è vuoto anche solo per 1 ora al giorno? Fallo utilizzare agli altri! Aiuti il prossimo e guadagni”.
Nasce dall’iniziativa di due giovani imprenditori, un fiorentino e un milanese.
Anche qui è sufficiente iscriversi, ricercare e trovare il posto auto desiderato, effettuare la prenotazione con pagamento con carta di credito o PayPal e infine recarsi nel luogo indicato seguendo il GPS. Chiunque ha un’autorimessa o un posto auto che vuole affittare a terzi può iscriversi seguendo le semplice procedure messe a disposizione.
E’ stato selezionato far le 5 migliori idee al concorso EdisonPulse nel 2015 e ha vinto STARTAPP Toscana.
Sparky è anche membro dell’Osservatorio sulla sharing mobility promosso dal Ministero dell’Ambiente.
MioGarage
MioGarage è la più giovane realtà del settore. Nasce a Napoli dall’idea di Stanislao Elefante ed è stata nel 2015 premiata Startup Weekend a Napoli.
2 varianti al Park Sharing
ParkTag
ParkTag è un’app tedesca e.. manco a dirlo con sede a Berlino. Non si tratta di un vero e proprio network di park sharing, ma il funzionamento è simile. Si tratta di una community di crowdsourcing dove gli utenti segnalano che un posto auto si è liberato.
Grazie agli algoritmi di localizzazione ti informa, inoltre, se nella zona che ti interessa c’è uno spazio libero o che si sta liberando.
Non c’è alcun scambio di denaro ma c’è un considerevole risparmio di tempo e energie.
Park Smart
Simile ma differente a ParkTag c’è l’italiana ParkSmart studiata da giovani informatici di Catania. Il progetto nato nel 2013 è piuttosto giovane ma ha già ricevuto alcuni premi. Ad esempio ha vinto il concorso “City on a Cloud” – categoria “Partners in Innovation”- promosso da Amazon Web Services.
Si differenzia da ParkTag in quanto non necessita di crowdsourcing, il software si occupa di monitorare e individuare la disponibilità dei posti auto liberi utilizzando la rete delle telecamere di videosorveglianza.
Smart cities e sharing economy
Smart city in urbanistica e architettura è un insieme di strategie di pianificazione urbanistica tese all’ottimizzazione e all’innovazione dei servizi pubblici così da mettere in relazione le infrastrutture materiali delle città «con il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita» grazie all’impiego diffuso delle nuove tecnologie della comunicazione, della mobilità, dell’ambiente e dell’efficienza energetica, al fine di migliorare la qualità della vita e soddisfare le esigenze di cittadini, imprese e istituzioni [Wikipedia]
In un’ottica di innovazione dei servizi pubblici il park sharing può ritenersi un sevizio che aiuta le città a essere più smart. Sappiamo tutti che i problemi che il traffico genera. Stress e inquinamento su tutti. Spesso per gestire le problematiche delle città le soluzioni che si presentano alle amministrazioni richiedono investimenti cospicui e alti costi di gestione . Nel caso del park sharing in realtà è sufficiente sfruttare un sistema che già esiste. Si tratta ovviamente di conoscerlo e promuoverlo, ma è soluzione pronta per l’uso e a costo zero.
Come successo in Inghilterra con l’installazione di punti di ricarica auto, una volta che le realtà innovative entrano nel tessuto cittadino si sviluppano nuove idee e opportunità.
Car sharing, bike sharing e park sharing sono realtà che modificano la mobilità dei tessuti urbani. Non è solo risparmio economico, ma è anche un nuova socialità, un modo diverso di vivere la città, più proattivo.
Non crediamo che sia la panacea di tutti i mali, ma è senz’altro un modo nuovo di fare business che ha un impatto positivo sui cittadini.