Ogni qualvolta un’istituzione o un’amministrazione devono progettare la mobilità dei cittadini c’è sempre un punto cruciale che manca. Capire come si muovono i cittadini. Che mezzi usano, quali tipi di spostamenti fanno, per quali ragioni li fanno.
I dati in mano agli amministratori spesso non dicono a sufficienza delle abitudini dei cittadini, è come se fornissero una mappatura parziale mentre servirebbe uno studio più approfondito. In questa direzione si muove il progetto Pollicino che vede l’ Osservatorio Nazionale Sharing mobility come promotore principale in collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile e NordCom SpA e la città di Bologna che si è offerta come città campione.
Il progetto Pollicino è un metodo per analizzare e interpretare la mobilità. Si tratta di un sistema “mobility data” ossia un sistema di raccolta dati generati monitorando l’ubicazione fisica di persone, beni fisici e/o mezzi di trasporto associati. Il gergo tecnico denomina spesso i dati sulla mobilità con la parola “breadcrumb”, che letteralmente significa briciole di pane e che evoca la famosa favola di Pollicino.
Questo particolare tipo di indagine, chiamata anche Future Mobility Survey, consente di avere una mappatura dei comportamenti dei partecipanti all’indagine. La conoscenza delle abitudini e dei comportamenti di mobilità di un gruppo di individui è fondamentale quando è necessario intervenire per cambiare il loro modo di muoversi e individuare soluzioni più efficienti e con minori impatti ambientali.
Il Metodo Pollicino
Per capire come si muovono i cittadini il metodo Pollicino si avvale di un’App Tracking da installare su smartphone e la collaborazione di un gruppo di persone che acconsentono ad essere tracciate, fornendo dati, informazioni e percezioni sul proprio comportamento di mobilità. Il nome dell’app è IoPollicino.
La raccolta dati è stata di tipo passivo, ossia era sufficiente avere lo smartphone acceso ed è durata per 7 giorni.
Come si muovono i cittadini, I risultati
Dall’analisi dei dati è emerso che gli spostamenti dei cittadini non sono più scanditi dal recarsi quotidianamente a studiare o lavorare e che le percorrenze maggiori in termini chilometrici avvengono nei week-end. E’ emerso, inoltre, che gli spostamenti non sistematici per motivi diversi dal lavoro e dall’istruzione sono nettamente prevalenti.
Dal lunedì al venerdì si svolgono ogni giorno in media il 18% degli spostamenti settimanali per motivi di lavoro o studio. Tendenza opposta al sabato e la domenica dove la mobilità per il tempo libero è quella prevalente su tutte le altre. Da notare come gli spostamenti dedicati al tempo libero siano costanti nell’arco della settimana, circa il 15% giornaliero. Anche gli spostamenti finalizzati all’acquisto sono pressoché costanti, escluso il sabato dove si registra un picco.
L’utilizzo dell’auto cambia radicalmente in funzione della motivazione dello spostamento. Quando si tratta di andare al lavoro l’auto si attesta intorno al 24,9% e l’autobus al 20%. Raggiunge invece il picco del 40,9% per fare gli acquisti mentre il mezzo pubblico scende al 7,1%.
La percentuale delle persone che si spostano ogni giorno della settimana per andare al lavoro è meno di un quarto del totale (23%) e, se sommata a quella che si sposta solo quattro giorni a settimana, non supera la metà del campione, indice di una quotidianità che non è più scandita da questa tipologia di spostamenti.
Questa mobilità destrutturata tende a premiare la flessibilità dell’auto, penalizza l’uso del trasporto pubblico e fa comprendere le potenzialità dei servizi di sharing mobility e della mobilità attiva, soprattutto quella in bicicletta.
Sulla base dell’osservazione dei comportamenti del campione, sono state condotte due distinte indagini suddivise in cluster.
Chi utilizza la Sharing Mobility Vs chi non la utilizzia
La prima indagine riguarda la differenza di comportamento tra chi utilizza la sharing mobility e chi non la utilizza. L’analisi ha dimostrato che coloro che optano per il bikesharing e il carsharing tendono ad utilizzare meno l’automobile, ferma al 15%, preferendo invece il trasporto pubblico, 19%, e il cammino a piedi, 35%. Nonostante ciò, mantengono un livello quantitativamente adeguato di mobilità. Questi risultati confermano che l’utilizzo della sharing mobility e la sostenibilità sono scelte di mobilità che si supportano reciprocamente.
Suddivisione in 5 cluster
La seconda indagine riguarda cinque cluster caratterizzati da differenti comportamenti in termini di frequenza di utilizzo di varie modalità di trasporto. Coloro che non utilizzano mai l’autobus e l’auto, coloro che si spostano solamente a piedi e in bicicletta, e coloro che utilizzano frequentemente i servizi di mobilità condivisa. Il comportamento di questi cluster è stato comparato sulla base di alcuni indicatori, tra cui il fabbisogno di mobilità, le emissioni di CO2, la motorizzazione e lo spazio occupato durante gli spostamenti.
I 5 cluster sono stati così suddivisi:
- Metabolici: si muovono sempre a piedi, in bici e con sharing mobility
- Sostenibili: si muovono sempre con un mezzo condiviso o in bici o a piedi; non usano mai auto/moto
- Megamixer: mix di modalità o multimodali
- Autonomi: si muovono sempre con mezzo privato (auto, moto, bici + piedi); non usano mai mezzi
condivisi - Auto/moto dipendenti: si muovono sempre con auto/moto privata
Dalla lettura di quest’ultima indagine emerge come la mobilità condivisa abbia un minor impatto in termini di emissioni ci CO2 a fronte di un numero alto di spostamenti. Viceversa, i gruppi che non usufruiscono di mobilità condivisa sono gruppi che mediamente percorrono più chilometri e probabilmente tale necessità comporta l’utilizzo di un mezzo di proprietà e quindi un minor dipendenza della mobilità condivisa.