Elettricità e sharing economy
Ancora una volta l’elettricità sarà protagonista della nuova rivoluzione industriale. Cambia il modo di produrla e di distribuirla attraverso modelli di sharing economy. La terza rivoluzione industriale è già presente.

L’elettricità sarà ancora una volta protagonista della rivoluzione industriale in atto. Jeremy Rifkin afferma che “le grandi rivoluzioni sono sempre avvenute quando c’è stata convergenza tra nuovi sistemi energetici e rivoluzioni comunicative. Il modello comunicativo imposto da Internet non è più verticale e gerarchico ma orizzontale e condiviso”.

Nella seconda rivoluzione industriale, a fine dell’800, il mondo fu scosso da un prodigioso sviluppo industriale caratterizzato da innovazioni tecnologiche che rivoluzionarono il modo di lavorare e vivere delle persone.

Furono innumerevoli le innovazioni. Dall’invenzione dell’auto alle scoperte in campo medico e scientifico, alla creazione di nuovi materiali come l’acciaio.

Fra queste ricordiamo l’invenzione del telefono e dell’elettricità che diedero un fortissimo impulso ai cambiamenti in atto. Il telefono facilitava lo scambio di informazioni che nel mondo del commercio sono essenziali. L’elettricità permise di aumentare la potenza produttiva dei vari impianti industriali. Con la luce elettrica la produzione passò da diurna a essere ininterrotta coi turni nelle 24 ore.

Da generazione centralizzata  a energia distribuita

 

Da allora,diciamo, la produzione di energia elettrica è basata su un sistema di generazione centralizzato costituito da centrali termoelettriche di grossa taglia collegate con un sistema di distribuzione unidirezionale al consumatore finale. Si tratta dell’elettricità derivata dal petrolio e dal nucleare.

Negli ultimi decenni, accanto al nucleare e al petrolio, si sono affiancate le fonti di energia rinnovabile. Fotovoltaico ed eolico.  Si tratta di una produzione di energia aleatoria in quanto è collegata a fattori climatici e al ciclo giorno-notte. La produzione avviene attraverso piccoli impianti distribuiti in grande numero su tutto il territorio. Microproduttori, come il privato che mette un impianto fotovoltaico sul tetto di casa. Si parla quindi sistema di energia distribuita.

Secondo Rifkin, i pilastri della terza rivoluzione industriale sono: il definitivo passaggio all’energia rinnovabile, la microgenerazione, lo sviluppo dell’idrogeno per l’accumulo di energia, una grande rete di distribuzione accessibile a tutti, la mobilità elettrica.

 

 Da un modello verticale e orizzontale

 

La svolta ovviamente è quello di permettere ai microproduttori di fare rete e scambiarsi energia elettrica in modo da sopperire alla natura aleaotoria della produzione. Dal punto di vista tecnologico sono, quindi, necessari degli storage cioè dei sistemi di accumulo.

Secondo Rifkin dovranno essere sviluppate e installate ovunque tecnologie di storage basate anche sull’idrogeno per accumulare l’energia che non potrà essere prodotta nei momenti di “intermittenza” delle rinnovabili. Dovrà,inoltre, essere sviluppata una sorta di Energy Internet Grid. Una rete una enorme e capillare per approvvigionare e per distribuire energia e accessibile a chiunque.

Il modello distributivo passerebbe in altre parole da uno verticale con 2 soggetti produttore e consumatore a uno orizzontale dove ciascun microproduttore è anche consumatore. Nasce cioè un nuovo attore il prosumer.

In questo contesto è evidente come la sharing economy sia il modello di distribuzione e utilizzo che più si avvicina alle esigenze degli utenti.

Da questo punto di vista la Germania fa da capofila in Europa per la distribuzione dell’elettricità con risultati sorprendenti.

Oggi vi illustreremo 2 modelli piuttosto diffusi in Germania e cos’avviene in Italia.

 

Peer-to-peer.

 

PEER-TO-PEER - ELETTRICITA'

 

Lo scambio peer-to-peer è quello che avviene tra privati. Il termine peer-to-peer è piuttosto tipico nel mondo dell’informatica. Bittorrent ad esempio è il protocollo peer-to-peer per lo scambio di file in rete. Ciascun pc è al contempo client e server.  Un discorso simile è stato creato fra i microproduttori di elettricità in Germania.

La Sonnen Gmbh è la più grande azienda tedesca di vendita di sistemi di accumulo domestic e ha lanciato un sistema di scambio di energia peer-to-peer. Parliamo appunto di sharing economy.
Son state create 2 comunità. Una composta dai piccoli produttori privati e l’altra da consumatori. Partecipare costa 20 euro mentre comprare un accumulatore in grado di trasformare l’impianto fotovoltaico di casa in una microcentrale costa dai 3.800 euro in su. Tutto ciò che viene immesso nella rete viene consumato all’istante e l’eccesso viene accumulato in batterie o contabilizzato come credito.
Risultato abbattimento del costo che passa da un 0,28 euro/kwh, al netto delle addizionali per la rete, a un costo pulito di 0,23 euro/kwh.

Un esempio simile è stato creato negli USA, a New York dopo l’uragano Sandy, l’amministrazione ha incoraggiato la creazione di reti di quartiere che fossero almeno parzialmente autonome dalla rete cittadina.

I lacci della burocrazia

In Italia questo percorso non è semplice. Troppi lacci burocratici e una scarsa regolamentazione la inibiscono. Per questo nel 2016 al Forumpa di Roma Rifkin disse che l’Italia deve assolutamente fare di più. Se non esistono reti del genere come può competere il nostro paese con la Germania dove le aziende sono collegate a un sistema energetico con costi marginali nulli.

Per ora esistono progetti pilota per incentivare lo smart grid. Lo smart grid è appunto la rete intelligente che attraverso lo scambio di informazioni è in grado di regolare lo scambio di energia peer-to-peer. Attraverso il provvedimento con delibera ARG/elt 39/10 l’autorità per l’energia cerca di andare in questa direzione.

 

Cooperative o gruppi di acquisto

 

Elettricità e sharing economy - COOPERATIVE

 

E’ una realtà piuttosto consolidata in alcuni paesi e da poco è presente anche in Italia. In Belgio la Cooperativa Ecopower ha oltre 45.000 soci, 26 MW di impianti installati e 95 milioni di chilowattora all’anno di energia verde prodotta.
In Germania sono 80.000 le famiglie che partecipano a cooperative. La maggior parte dell’elettricità green tedesca è generata da cooperative formate da piccoli produttori. Le grandi società tedesche producono appena il 7% dell’elettricità verde.

Di solito nella creazione di cooperative i soci contribuiscono con la sottoscrizione di quote che andranno a formare il capitale necessario per l’acquisto degli impianti. Col capitale raccolto vengono create delle centrali a fonti rinnovabili in grado di distribuire l’elettricità in qualsiasi parte del territorio nazionale.

I soci sono quindi anche proprietari degli impianti fotovoltaici e in questo modo il costo dell’energia è lo stesso che viene pagato dai grandi operatori economici. In questo caso la cooperativa è simile a un gruppo di acquisto. Più cittadini si uniscono in un unico soggetto sono in grado di avere una capacità di spesa tale da creare economie di scala. L’economia di scala in questo caso è la generazione e la gestione di energia elettrica.

In Italia un esempio di cooperativa è WeForGreen che vende l’energia prodotta dagli impianti a un fornitore di energia il quale a sua volta la fornisce ai soci garantendo un prezzo vantaggioso. I soci pagano le proprie bollette all’operatore, mentre la cooperativa gli rende il credito di energia dovuto, circa 60 euro annui a quota.
Altro esempio sulla scia di WeForGreen è Energyland di Verona dove 100 famiglie quote sufficienti a soddisfare la propria richiesta energetica.

Un treno da non farsi scappare

L’augurio è che si acceleri il più possibile per favorire queste forme di collaborazione perchè parliamo di una grossa opportunità per il paese. Ovviamente per favorire gli investimenti è necessario un quadro normativo chiaro e al momento il cosiddetto Sharing economy Act (Ac 3564) è ancora al vaglio.

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