Entrambi i termini sono usati indifferentemente, ma le differenze fra Sharing Economy e Gig Economy ci sono. Perché sono diverse ma è così facile confonderle l’una con l’latra?
Spesso si usano indifferentemente gli stessi termini, ma le differenze tra Sharing Economy e Gig Economy ci sono. Personalmente non credo sia solo una differenza linguistica, credo piuttosto che siano due modelli organizzativi diversi.
In un caso abbiamo un modello orizzontale che rende circolare l’utilizzo di un bene o un servizio. Nell’altro il rapporto è verticale fra piattaforma e chi offre un servizio.
Che sia una differenza geometrica? Bah, a parte la pessima battuta, cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta partendo dalle definizioni dei due termini.
E’ possibile definire Sharing Economy e Gig Economy?
E’ molto difficile definire sia la Sharing Economy sia la Gig economy, probabilmente perchè si tratta di un fenomeno che è un continuo divenire.
Sharing Economy
Stando all’Oxford Dictionary la Sharing economy è:
un sistema economico in cui beni o servizi sono condivisi tra individui privati, gratis o a pagamento, attraverso Internet.
Per regolamentare la Sharing Economy la Camera ha dato questa definizione:
è un’economia “generata dall’allocazione ottimizzata e condivisa delle risorse di spazio, tempo, beni e servizi tramite piattaforme digitali” i cui gestori “agiscono da abilitatori mettendo in contatto gli utenti e possono offrire servizi di valore aggiunto”; inoltre “tra gestori e utenti non sussiste alcun rapporto di lavoro subordinato”.
Condivisione di beni o servizi sovente sottoutilizzati
In altre parole la Sharing Economy attiene a forme di scambio basate sulla condivisione di beni o servizi sovente sottoutilizzati.
Spesso per spiegare la Sharing Economy si fa l’esempio del trapano. Una persona compra un trapano per fare una serie di lavoretti in casa. Finito i lavoretti non utilizza più quel bene. Attraverso una piattaforma di sharing economy può dare in affitto il trapano a chi ne ha bisogno. Così il trapano, da oggetto sottoutilizzato, diventa un bene capace di generare un piccolo guadagno per chi lo offre e fa risparmiare chi lo utilizza. In questo modo la Sharing economy facilita l’accesso a un bene.
Esistono un’infinità di altri esempi, dai parcheggi condivisi alla bike sharing, dai magazzini condivisi al boat sharing e altri esempi ancora di cui abbiamo parlato in questi mesi.
Gig Economy
Stando sempre all’Oxford Dictionary la Gig Economy o on demand economy è:
Un mercato del lavoro caratterizzato dalla prevalenza di contratti a breve termine o di lavoro indipendente rispetto a posti di lavoro permanenti.
Nel mondo dello spettacolo il termine Gig è riferito al “cachet”. E’ un termine inglese che sta a indicare i lavoretti.
In origine, infatti, le piattaforme di Gig Economy nascevano per promuovere lavoretti che permettono di arrotondare lo stipendio. Ad esempio se una persona ha un problema con la tapparella di casa e io sono in grado di riparala posso guadarci qualcosa da un lavoretto di semplice riparazione.
Tutta serie di lavoretti che, al pari della Sharing Economy, dovrebbero occupare un qualcosa di sotto utilizzato. Il proprio tempo.
Degenerazione della Gig Economy
Qual è la degenerazione della Gig economy? Il fatto che per molti, in termini di tempo e di impegno il lavoretto è diventato un lavoro, ma con la paga del lavoretto. Il rapporto di lavoro sta per loro diventando subordinato e continuativo.
Per capire meglio di cosa parliamo occorre capirne il funzionamento. Le piattaforme di Gig Economy raccolgono gli ordini degli utilizzatori e li inviano agli utenti che vogliono svolgere il lavoretto che per comodità chiameremo gig workers. Il tutto avviene in tempo reale per cui se non si è pronti a rispondere alla richiesta del clienti si perde il lavoretto.
Ma quali lavoratori autonomi?
I gig workers non sono assunti dalla piattaforma, sono lavoratori autonomi. Si tratta di un lavoro a chiamata. Per cui nessuno obbliga i gig workers a rispondere alle chiamate, ma è chiaro che se vogliono lavorare devono farlo. Spesso si tratta di persone che hanno già un lavoro, ma sottopagato e che per campare sono costretti ad arrotondare come possono. In alcuni casi, i lavoretti diventano la fonte di guadagno principale. E così aggirando le legge si ottiene uno sfruttamento del lavoro simile a quello della prima rivoluzione industriale.
E’ il caso dei driver di Uber che per lavorare arrivano a dormire sulle loro auto in aeroporto.
Punti in comune e differenze tra Sharing Economy e Gig economy
In comune Sharing Economy e Gig economy hanno:
- l’esistenza di una piattaforma.
- la tecnologia rappresentata dagli algoritmi che permetto di incontrare domanda e offerta.
- la community di utenti che rappresentano domanda e offerta.
- la convenienza economica rispetto ai modelli tradizionali.
In sostanza hanno tutto in comune e quindi è davvero semplice confonderli. Spesso vengono scambiate come l’una il rovescio della medaglia dell’altra. Eppure, anche se sottile una linea di confine c’è.
La sottile una linea di confine
La domanda da porre è cosa c’è di condiviso nel servizio offerto?
La piattaforma di Sharing Economy funge sostanzialmente da intermediario fra domanda e offerta. Se si cerca una casa per le vacanze su Airbnb si può scegliere in base alle caratteristica della casa, dei servizi offerti dall’host e al prezzo. Come nel più classico dei market place avviene l’incontro fra domanda e offerta in base all’esigenze del cliente e all’offerta del fornitore. Airbnb trattiene una fee per il servizio.
La Sharing economy, in verità, dovrebbe prediligere l’aspetto sociale dell’interazione per cui con Airbnb la parola più adatta è Access Economy. In ogni caso esiste una relazione orizzontale fra i membri della community.
Cosa viene condiviso? Semplice una stanza inutilizzata o in generale un bene immobile inutilizzato.
Cosa viene condiviso con la Gig Economy ?
Nella Gig Economy invece è la piattaforma che offre un servizio al cliente stabilendo a monte delle tariffe in base al tipo di servizio richiesto. La piattaforma attraverso l’algoritmo si occupa gestire il flusso degli ordini e coordina i gig workers inviando i lavoretti da effettuare, instaurando di fatto un rapporto verticale.
A onor di cronaca, è necessario specificare che facciamo riferimento a quelle più diffuse come Uber e Foodora. Esistono infatti piattaforme che svolgono una funzione di market place per lavoretti, lasciando slle parti una certa libertà contrattuale, per cui la dimensione sociale viene preservata.
Cosa viene condiviso in un servizio di taxi o in un servizio di consegna a domicilio? Nulla. Non si condivide l’auto per il tragitto fissato con altri utenti, non si condivide la bicicletta per la consegna a domicilio e nemmeno il cibo stesso.
Un business classico organizzato in maniera diversa
Semplicemente si parla di un servizio taxi o di consegna a domicilio strutturato in maniera diversa. Addirittura Foodora impone il saccone della consegna a domicilio mantenendo i colori e i simboli del brand quasi come se fosse una divisa aziendale ne più ne meno di come fanno i corrieri tradizionali.
Piattaforme come Uber e Foodora son riusciti a ottenere la botte piena e la moglie ubriaca. Non impiegano capitale nell’acquisto di auto e bici scaricando il costo sui gig workers, il capitale impiegato nelle risorse umane è limitato in quanto serve alla sola gestione della piattaforma, personale a chiamata pagato solo per il lavoro svolto, ma hanno, invece, tutti i ricavi delle aziende tradizionali. Anzi possono permettersi di guadagnare un po’ meno abbassando le tariffe e distruggendo così il mercato.