Intervista con Michele Pianetta,vicepresidente all’Innovazione di ANCI Piemonte, che ci spiegherà cos’è una Smart City e le possibilità che ci sono per i piccoli comuni
Nello scorso articolo abbiamo trattato di Smart City e Sharing Economy. Abbiamo visto come ci sia affinità fra i due argomenti, ma avendo trattato, sino ad oggi, argomenti legati più alla Sharing Economy che alla Smart City, abbiamo deciso di farci aiutare da chi di Smart City se ne intende più di noi.
Oggi abbiamo la fortuna di poter intervistare Michele Pianetta, vicepresidente all’Innovazione di ANCI Piemonte. Il ruolo che svolge prevede che si occupi di accompagnare i comuni piemontesi nella digitalizzazione delle amministrazioni e di ridurre il digital divide.
1) Anzitutto cos’è per te la Smart City?
Per quanto mi riguarda, il concetto di città intelligente non deve limitarsi all’aspetto meramente tecnologico, ma deve concentrarsi sull’approccio al sistema dei servizi pubblici. In buona sostanza, avremo delle città intelligenti nel momento in cui sapremo proporre dei servizi intelligenti, che contribuiscano a semplificare e migliorare la qualità della vita delle nostre comunità.
2) Qual è il programma di ANCI per le Smart City?
ANCI svolge innanzitutto una “funzione di accompagnamento” per i Comuni. Ma l’approccio alle città intelligenti deve essere inquadrato in un contesto molto più ampio ed articolato. Preferisco dunque parlare di “smart communities”: il Piemonte è caratterizzato da piccole realtà, chiamate ad interagire tra loro per realizzare gli obiettivi rilevanti di cui all’Agenda Digitale italiana ed europea. L’intelligenza delle città si vede anche nella capacità di saper replicare degli esempi positivi. Mi piace ricordare, a questo proposito, l’impegno per la banda ultra larga e per il superamento del digital divide. Difficile pensare che un Comune possa affrontare il problema da solo. Da qui la necessità di lavorare all’unisono per il raggiungimento degli obiettivi. ANCI Piemonte sta facendo molto in tal senso: penso al premio “Piemonte Innovazione”, che ci ha consentito di mettere a fattore comune le buone pratiche dei Comuni in tema di innovazione, in una sorta di contaminazione virtuosa.
3) Di solito le politiche di Smart City nascono nei grandi centri urbani. Un po’ perché è fisiologico che ci sia l’esigenza di rendere smart la gestione della città e un po’ perché c’è la massa critica necessaria per attivare un certo tipo di servizio. Come può essere applicata la politica di Smart City ai piccoli centri?
Qui vorrei sfatare un luogo comune. Nella nostra esperienza, abbiamo rilevato il contrario: i risultati più significativi in termini di innovazione arrivano dalle aree interne e dai piccoli Comuni, che riescono a fare sperimentazione in virtù delle loro dimensioni contenute. Mi spiego meglio. I piccoli centri possono fare innovazione meglio di altri quando devono testare le soluzioni, ma l’area urbana è importante per allargare queste soluzioni alle grandi masse. Due cose che procedono in parallelo. Per fare un esempio concreto penso all’evoluzione dello SPID – il Sistema Pubblico di Identità Digitale – un tema che coinvolge sinergicamente piccole e grandi realtà urbane e che, tra il resto, abbiamo affrontato in questi giorni al Digital Italy Summit promosso da The Innovation Group a Roma.
4) Che ruolo ha per te la Sharing economy nelle Smart City?
L’esempio virtuoso dell’Unione Montana Alta Langa, che ha vinto il premio “Piemonte Innovazione” 2017 con un progetto incentrato sulla condivisione dei trasporti nelle zone penalizzate dal servizio pubblico, dimostra concretamente che la teoria della sharing economy funziona se siamo in grado di ‘calarla’ sui territori.
Non possiamo immaginare una Smart City dove agisca, in maniera sostanziale, il solo attore pubblico. Per costruire una comunità intelligente, il soggetto pubblico deve saper parlare all’interlocutore privato, alla ricerca di soluzioni condivise.