Il ride sharing sta cambiando la mobilità delle nostre città. Ma cos’è il ride sharing? Come funziona? Esiste solo Uber? Come sarà nel futuro?
Sentiamo spesso parlare di ride sharing, ma cos’è il ride sharing? Come dice la parola stessa è una condivisione di passaggi in auto.
Secondo Lexico la definizione del ride sharing è:
” accordo fra un passeggero e un privato che mette a disposizione un passaggio con la propria automobile con o senza fine di lucro“.
La definizione che però preferisco è quella data da BlaBlaCar:
“attività di trasporto di terzi da parte di un privato con un’automobile di proprietà, con o senza finalità di lucro”.
Preferisco la definizione di BlaBlaCar in quanto quella di Lexico potrebbe generare confusione col Car pooling dove due o più persone condividono le spese per l’itinerario che percorrono assieme.
Come funziona?
Il concetto fondamentale del Ride sharing è che da un lato c’è un automobilista che guida la propria auto e dall’altro ci sono gli utenti che hanno bisogno di un passaggio. Gli utenti prenotano e pagano su un’apposita app il passaggio per spostarsi da A a B. Per ciascun tragitto l’app fornisce l’importo che l’utente deve pagare senza maggiorazioni causate da altre variabili come il tempo di percorrenza, bagagli…
Grazie alle app di Ride sharing l’utilizzo del veicolo tra i diversi utenti è ottimizzato in tempo reale abbattendo così i costi della singola corsa.
Fin qui sul piano teorico è tutto molto bello, ma la realtà sappiamo che ha altri risvolti.
Senza nasconderci dietro a un dito, dal lato utente il servizio di Ride sharing si sovrappone, di fatto, con quello dei Taxi. In entrambi i casi devo prenotare un passaggio che mi porterà dal punto A al punto B. La differenza grossa la fa il prezzo. Il Ride Sharing è nella maggior parte dei casi più conveniente e inoltre permette all’utente di conoscere il costo della corsa in fase di
prenotazione, mentre col servizio taxi lo vedo sul tassametro durante il tragitto.
D’altra parte un po’ in tutto il mondo il servizio taxi deve sostenere una serie di costi come l’acquisto della licenza, assicurazione sui passeggeri, le auto devono rispondere a certi requisiti, obbligo servizio 24 ore su 24. Requisiti che i guidatori del Ride sharing non devono sostenere.
Le piattaforme online di Ride Sharing
C’è però un altro pilastro che abbiamo fin qui appena accennato, ma che è di vitale importanza per capire cos’è il Ride Sharing. La piattaforma online, o meglio la app. Si tratta della vera e propria infrastruttura su cui si regge l’intero servizio di prenotazioni. E’ attraverso l’algoritmo, che la piattaforma ottimizza i percorsi dei driver per permettere di soddisfare le richieste di
passaggi degli utenti.
La piattaforma, commissionando il lavoro ai driver e trattenendo una parte dei guadagni su ciascuna tratta, è nei fatti lo snodo centrale dell’intera attività di Ride sharing. Non è la proprietaria dei veicoli ma può gestire la flotta di auto più grossa al mondo. E’ di fatto il player che concentra i maggiori guadagni come capita con molti marketplace. Il rapporto stesso fra piattaforma e guidatori è spesso al centro di
diverse controversie. I driver sono privati, indipendenti, che però per ottenere sufficienti guadagni dall’attività, devono sottostare alla coordinazione della piattaforma. Come capita per le piattaforme della Gig Economy, siamo difronte a potere contrattuale della piattaforma molto più forte rispetto a quello dei workers. Di recente, ha fatto piuttosto clamore la California Assembly Bill 5, la legge con la quale lo Stato della California ha fissato un criterio di classificazione (ABC test) che potrebbe trasformare molti driver da indipendenti a dipendenti.
Quali sono le piattaforme di Ride Sharing?
Sembrerà una domanda retorica e in effetti lo è. Chi non conosce Uber? E’ la piattaforma più famosa al mondo e anche la più discussa. In tutte le metropoli dove ha deciso di fare il suo ingresso si è scontrata con le amministrazioni locali, con i taxisti e con i politici nazionali. Un po’ meno conosciuta in Europa ma molto famosa e importante negli USA è Lyft, il principale concorrente di
Uber. Anche se a un primo avviso il mercato del Ride Sharing conteso solo da questi due giganti esistono piattaforme molto popolari in diverse parti del globo. In Cina Didi, in Spagna c’è Cabify,in Brasile 99, in Israele Gett, in Canada Poparide, in Iran Snapp…
Il futuro del Ride Sharing
Uber in particolare è la app che è più impegnata sul versante degli investimenti. L’unicorno californiano è impegnato in diversi progetti. Vogliono essere il principale player nel mondo della mobilità. Oltre al Ride Sharing sono infatti impegnati nel bike sharing e nel food delivery in modo da offrire un servizio a 360 per ciò che concerne la mobilità urbana. Non solo l’obiettivo di
Uber è di essere da traino per l’intero settore diventando un operatore all’avanguardia. Così gli investimenti vanno dall’intelligenza artificiale alla guida autonoma sino ad arrivare a un sistema pionieristico di taxi volante.
I diversi operatori di settore sono pronti a scommetterci sopra che la svolta arriverà con l’arrivo della guida autonoma. Molte delle problematiche incontrate in questi anni dal Ride sharing sul piano normativo e con i driver, potrebbero essere risolte proprio dalla guida autonoma. Il sistema di guida autonoma apre ampi orizzonti nel mondo della mobilità urbana. Gran parte della mobilità urbana a oggi è finalizzata per spostare le persone dalla propria abitazione al posto di lavoro e viceversa. Durante l’orario di lavoro l’auto rimane ferma. Con la guida autonoma questi tempi morti potrebbero ridursi e la macchina potrebbe compiere altre azioni. Potrebbe essere usata da un altro componente della famiglia per soddisfare le sue esigenze di mobilità o potrebbe essere immessa sul mercato e noleggiata ad altri utenti. Senza autisti i veicoli possono essere disponibili 24 ore su 24. Secondo questa prospettiva, le piattaforme di Ride Sharing coi loro sistemi di AI potrebbero diventare centrali per gestire il traffico dell’intero parco cittadino di veicoli a guida autonoma.