Il bike sharing per definizione è bicicletta condivisa. Ma di cosa si tratta? Come funziona?
Il bike sharing è a tutti gli effetti una realtà affermata in Italia, tanto da renderlo il paese europeo con la diffusione più alta in termini di numero di servizi attivi. Infatti in Italia si contano 200 comuni ed enti territoriali in cui è attivo il bike sharing con 13.770 bici condivise. In Francia dove il bike sharing ha avuto un grande successo di pubblico, i servizi attivi non superano le 40 città (dati da Osservatorio sharing mobility).
L’esperienza italiana di bike sharing passa per la maggior parte attraverso l’iniziativa pubblica di comuni, enti territoriali e soprattutto il ministero dell’Ambiente.
Nel 2015 il comune di Milano, in occasione dell’Expo, è stato il primo comune a promuovere un sistema integrato di bike sharing, cioè accanto al parco bici tradizionali sono state inserite quelle a pedalata assistita, permettendo all’utente di compiere agevolmente tratte più lunghe.
Ma prima di affrontare il tema del sistema integrato vediamo cos’è e come funziona il bike sharing?
Definizione
Il bike sharing è uno strumento di mobilità sostenibile a disposizione delle amministrazioni pubbliche che intendono aumentare l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici (autobus, tram e metropolitane), integrandoli tra loro (trasporto intermodale) e integrandoli dall’utilizzo delle biciclette condivise per i viaggi di prossimità dove il mezzo pubblico non arriva o non può arrivare. È quindi una possibile soluzione al problema dell'”ultimo chilometro”, cioè quel tratto di percorso che separa la fermata del mezzo pubblico alla destinazione finale dell’utente (Wikipedia)
Come funziona?
Il sistema di utilizzo è davvero molto semplice e alla portata di tutti. In diversi spazi pubblici vengono installate le stazioni per le bici che vengono parcheggiate nei loro appositi stalli.
Lo stallo altro non è che la postazione per la bici, dotata di un sistema meccanico di aggancio che impedisce l’eventuale furto.
Le stazioni sono tutte automatizzate, per cui per prelevare la bici è necessario fare l’abbonamento al servizio e poi come in un normale parcheggio ci si avvicina con la propria card alla torretta della stazione e si effettua la lettura.
La torretta indicherà quale bici è libera e così non ci resta che ritirarla e pedalare. Al termine del nostro giro, la si può restituire in una stazione diversa da quella di partenza, riagganciandola nell’apposito stallo. Nono sono necessari contratti, versamento di cauzione, carte di credito… la burocrazia è ridotta al minimo.
Il caso free floating
Un altro sistema, che sta sempre più prendendo piede, è quello del bike sharing free floating. In questo caso non esistono stalli o stazioni di ritiro e consegna. L’utente individua, prenota e paga l’utilizzo della bici più vicina a lui tramite smartphone, la sblocca tramite apposito codice di sblocco e poi al termine dell’utilizzo lascia la bici dove gli fa più comodo a lui.
Questo metodo è molto comodo dal lato utente, ma è un problema per le amministrazioni comunali che spesso si vedono le strade e i luoghi pubblici invasi da biciclette lasciate in modo disordinato e caotico. I primi a proporre questo tipo di servizio sono stati i bike sharing cinesi.
Sistemi di pagamento
Il sistema di ritiro attraverso la card o più propriamente sistema a tessera contactless è il più diffuso ma esistono altri sistemi . Qui di seguito una breve panoramica di quelli esistenti:
- a deposito: il prelievo e l’utilizzo della bici avviene con un sistema simile a quello dei carrelli nei supermercati, si inserisce cioè la moneta per liberare dallo stallo la bici, la moneta rimane inserita fin tanto che la bici non viene restituita.
- tessera contactless: si tratta di card simili a quelle tradizionali come bancomat o carta di credito ma con la sostanziale differenza che non è necessario introdurre la tessera nell’apposito registratore, ma è sufficiente l’avvicinamento. Il vantaggio di questo tipo di carte è che rendono la procedura di pagamento molto più rapida e tutto avviene in pochi istanti.
- smart phone: molto probabilmente è già il passo successivo alla tessera. Lo smart phone deve essere dotato di tecnologia NFC, si scarica l’apposita applicazione e come per la tessera contacteless è sufficiente l’avvicinamento del dispositivo al lettore.
Ovviamente le tre tipologie permettono servizi diversi. Nel caso del sistema a deposito l’utilizzo non prevede limiti di tempo in quanto non monitorabili, il sistema con tessera è invece a tempo con tariffe proporzionate all’utilizzo, con lo smartphone, invece, oltre al piano tariffario è possibile avere tutta una serie di informazioni che vanno dalle statistiche di utilizzo dei mezzi alla navigazione assistita dal punto di prelievo a quello di destinazione, offrendo così un’esperienza interattiva e a 360° dello bike sharing.
Curiosità sulle bici
Le biciclette usate per il bike sharing sono progettate e costruite per scoraggiare furti e atti di vandalismo: non hanno parti staccabili e sono dotate di un lucchetto che consente la sosta fuori stallo.
Si tratta solitamente di bici tradizionali ma con design e colori particolari che permettono la facile identificazione in caso di smarrimento o furto.
Il caso Milano, il bike sharing integrato
Il bike sharing è uno strumento che viene utilizzato dalle amministrazioni per ridurre il traffico e l’inquinamento delle aree metropolitane ed è un servizio pubblico che indica una particolare attenzione ai bisogni del cittadino da parte della politica.
In molte metropoli europee come ad esempio Londra e Parigi il servizio viene invece offerto da agenzie pubblicitarie che in cambio possono avere spazi pubblicitari sulle biciclette e in altri punti della città.
Milano, in occasione dell’EXPO, ha messo piede al proprio progetto di bike sharing integrato. Il sistema ha permesso l’inserimento di 1000 biciclette a pedalata assistita accanto alle quelle tradizionali. Considerando il costo a bici di 1.600,00 euro e la creazione di nuove stazioni per rendere più capillare il servizio, l’investimento complessivo ammontava a 5-6 milioni , in gran parte finanziato dal Ministero dell’Ambiente.
Per ciò che concerne, invece, i costi di gestione, stimati intorno al 1,5 milioni , è prevista una copertura di un terzo tramite gli abbonamenti e la rimanente parte tramite sponsor privati e vendita di spazi pubblicitari, ispirandosi a quanto successo a Londra.
Per il privato, l’interesse di investire su un simile mezzo pubblicitario è proprio quello di ottenere un’immagine di azienda sensibile allo sviluppo eco sostenibile.
Il valore aggiunto del sistema di bike sharing di Milano sta appunto nell’offrire non solo mezzi tradizionali ma anche quelli dotati di un tecnologia più avanzata permettendo di percorrere distanze più ampie e quindi di allargare la platea di utilizzatori.
Il prossimo passo?
Partendo dal caso Milano potremmo immaginare la quarta generazione di bike sharing, dove al centro del sistema rimane la mobilità, ma con un ribaltamento del concetto stesso attraverso mezzi più tecnologici che la agevolino e con supporti informatici che ne aumentino l’esperienza di utilizzo.
Potremmo ipotizzare ad esempio mezzi che accompagnino il turista per la città, attraverso audio guide interattive appositamente installate negli smartphone, GPS e la possibilità di scoprire nuovi percorsi e di creare nuovi punti di aggregazione.
Come nella maggior parte dei casi di sharing economy, anche il bike sharing pone l’utilizzo e l’esperienza come perno centrale. Questo aspetto si traduce nella ricerca e nella creazione di modi diversi e più evoluti per semplificarne l’utilizzo e per migliorarne l’esperienza.