E’ appena uscita l’inchiesta del Guardian secondo cui c’è stata attività di lobbying per Uber in Europa e pare abbia infranto le leggi e ingannato la polizia.
L’inchiesta è il risultato della fuga di 124.000 documenti ribattezzati Uber-files che mettono a nudo l’attività del colosso della car-sharing in Europa nel periodo 2013-2017.
Secondo l’indagine, i dirigenti di Uber, con l’aiuto della società di lobbying Fipra, avrebbero elaborato una strategia per avvicinarsi a tutti coloro che potevano sostenere la loro causa.
La cache dei file include più di 83.000 e-mail, iMessage e messaggi WhatsApp, comprese le comunicazioni spesso schiette e non velate tra il co-founder Kalanick e il suo team di dirigenti.
Dallo scambio di comunicazioni trapelano messaggi gli stesi dirigenti erano consapevoli delle attività illecite svolte in Europa, un dirigente scherzava sul fatto che erano diventati “pirati” e un altro che ammetteva: “Siamo solo fottutamente illegali”.
Macron?
L’inchiesta sembra travolgere particolarmente Emmanuel Macron che pare abbia aiutato segretamente l’azienda in Francia quando era ministro dell’Economia, consentendo a Uber un accesso frequente e diretto a lui e al suo staff.
Macron sembra aver fatto di tutto per aiutare Uber, anche dicendo alla società di aver mediato un “accordo” segreto con i suoi oppositori nel gabinetto francese.
Secondo Le Monde Travis Kalanick affermò pubblicamente “siamo in una campagna politica e il candidato è Uber“. In Francia, le prospettive non erano buone. La rabbia dei tassisti per l’arrivo delle VTC (auto con autista con licenza) aveva spinto il governo a reagire. Il deputato socialista Thomas Thévenoud è stato inviato nel febbraio 2014 per scrivere una relazione preliminare. Quell’estate difese in parlamento un disegno di legge che minacciava doppiamente Uber. Non solo mirava a vietare chiaramente UberPop, il servizio che consente a chiunque di diventare un conducente occasionale, ma ha limitato l’ambito di UberX, gestito da conducenti con licenze VTC.
La violenza garantisce il successo
L’inchiesta evidenzia lo stile aggressivo di Travis Kalanic. In uno scambio di mail ha respinto le preoccupazioni dei suoi dirigenti in merito all’invio di conducenti Uber a una protesta in Francia. Secondo i dirigenti gli autisti erano a rischio di violenza da parte dei taxisti. Secondo Kalanic: “Penso che ne valga la pena”, ribatté lui. “La violenza garantisce il successo”.
Non solo, quando l’allora vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, all’epoca sostenitore di Uber, arrivò in ritardo a un incontro con l’azienda al World Economic Forum di Davos, Kalanick mandò un messaggio a un collega: “Ho fatto sapere alla mia gente che ogni minuto in ritardo è un minuto in meno che avrà con me.”