La crisi di Uber è vera o no? Conti in rosso, la svalutazione di borsa, le nuove difficoltà legislative in California, tutto sembrare remare contro, tutto ruota però su una grande scommessa…

La crisi di Uber è vera o no?  L’ultima volta che abbiamo parlato di Uber l’avevamo lasciata alla quotazione di borsa. Era stata ribattezzata come la pietra miliare degli “Unicorni”. A distanza di 4 mesi i fumi dell’entusiasmo sembrano essersi dissipati.
Il titolo di Uber è sceso del 25% al di sotto del valore al momento della Ipo. Non sta di certo meglio la concorrente Lyft di cui avevamo già sottolineato il pessimo andamento in borsa.
Il titolo di Uber ora viaggia intorno a 31,86 dollari contro i 41,70 della quotazione Ipo e Lyft intorno a 44,50 dollari contro i 78,29.
Sulle due società pesano i conti in rosso. In particolare su Uber.

 

 

 

Conti in rosso

 

A inizio Agosto, Uber ha presenato la seconda trimestrale. La perdita era di 5 miliardi di dollari contro quella di 836 milioni dello stesso periodo dell’esercizio precedente. Un buco di 4,72 dollari per azione superando i 2,7 previsto dagli analisti.
Per capire meglio la crisi di Uber occorre però analizzare meglio da dove nasce la perdita registrata nel secondo trimestre.
A pesare sono state le spese legate alla sua Ipo. Si parla infatti di 3,9 miliardi di costi sotto forma di titoli vincolati offerti ai dipendenti come compensi in concomitanza con lo sbarco in borsa.
La perdita di esercizio, quindi al netto di questa voce straordinaria, è peggiorata da 292 milioni a 656 ma è rimasta comunque inferiore alle attese che prevedevano un buco di 977 milioni.

 

Investimenti

Che Uber fosse una compagnia con i conti in rosso non è una novità. Nel 2018 aveva fatturato 11,27 miliardi di dollari registrando però un perdita di 1,8 miliardi. Il suo modello di business prevede in questa fase ingenti investimenti e lo stesso Ceo Dara Khosrowshahi aveva già preannunciato, durante la fase di Ipo, la difficoltà che l’azienda avrebbe riscontrato nel riportare a breve i conti in positivo.
Secondo Khosrowshahi gli investimenti hanno raggiunto il loro picco massimo nel 2019, pertanto, nel 2020 e 2021 le perdite dovrebbero ridursi.

 

Tagli del personale

Intanto l’azienda mostra segnali di debolezza non solo sul fronte borsistico ma anche interni. Sono in atto licenziamenti per 400 dipendenti soprattutto nell’area marketing e per ora sono bloccate le assunzioni di sviluppatori in Usa e Canada.

 

Concorrenza aggressiva

A incidere sulla crisi di Uber e anche Lyft è anche la concorrenza che c’è fra di loro. Le due società hanno infatti politiche piuttosto aggressive e la continua diminuzione delle tariffe incide ovviamente sui conti in rosso.

 

Incognita legislativa in California

 

A impensierire gli investitori pesa però anche la nuova proposta di legge in discussione al Senato della California. Secondo la proposta, infatti, gli autisti potrebbero essere considerati dipendenti e non più collaboratori esterni. Questo aspetto potrebbe avere un risvolto piuttosto negativo sei conti di Uber e Lyft ma soprattutto sul modello di business.
La forza delle due società è quella di avere una struttura snella in quanto gli autisti non ne fanno parte.

 

Gli scandali e le guerre di Uber nel mondo

La crisi di Uber ha origine antiche. Da sempre la sua storia è piuttosto contorta. Dalle denunce di sfruttamento degli autisti, agli scandali per molestie sessuali del 2017 che ha portato al licenziamento di 20 dipendenti, dalle dimissioni del fondatore Travis Kalanick alle continue proteste dei taxisti di tutto il mondo sino ad arrivare alle prese di posizioni dei diversi Stati contro il modello Uber.

 

Guida autonoma e la probabile svolta

 

Ma Uber, nel bene e nel male, è un’azienda rivoluzionaria nel mondo della mobilità e, come tale, è piuttosto normale che spacchi in due l’opinione pubblica. La grande scommessa della società verte tutta attorno alla guida autonoma. Se riuscissero nel loro intento la mobilità sarà completamente cambiata. Cambierà perfino dal lato utente il concetto di spostamento da un luogo A a B. Sarà tutto così efficiente a automatizzato che ci chiederemo com’era possibile gestire il traffico mettendo alla guida delle esseri umani. Da questo punto di vista, quello che vediamo oggi è solo una fase transitoria di Uber. Il punto d’arrivo da cui potremmo iniziare davvero a giudicare l’operato di Uber sarà con la guida autonoma. Ma si tratta di una scommessa.
Una scommessa a cui sembrano però credere gli analisti che sono piuttosto sicuri che gli utili arriveranno e che la guerra commerciale tra Lyft e Uber finirà presto.
Forse la crisi di Uber è solo un passaggio necessario per una svolta di maggiore crescita. Forse sì, ma anche, forse no.

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