Nell’arco di 10 anni la Sharing Economy crescerà di 20 volte rispetto a oggi.
Secondo l’indagine realizzata da PWC si stima che la Sharing Economy in Europa registrerà una crescita esponenziale passando dagli attuali 28 miliardi a 570 miliardi. In altre parole tutto il settore raggiungerà un valore di 20 volte superiore a quello attuale.
L’analisi prevede che l’85% degli incassi andranno a favore dei micro-imprenditori che aderiscono alle piattaforme on-line e che con il loro costante contributo favoriscono il successo degli strumenti di sharing-economy.
Sharing Economy balzo clamoroso
L’analisi del network internazionale di consulenza, PricewaterhouseCoopers – PWC, suddivide il settore in 5 macro aree o settori chiave che sono:
- finanza collaborativa,
- alloggi tra privati,
- trasporti tra privati,
- servizi domestici a richiesta,
- servizi professionali a richiesta.
Per i settori chiave la crescita passerà dagli attuali 4 miliardi a 80 miliardi.
Il settore che attualmente recita la parte del leone è quello dei trasporti tra privati e a seguire vediamo quello degli alloggi tra privati e servizi domestici a richiesta. Il 2025 vedrà ancora il settore dei trasporti tra privati primeggiare, da solo rappresenterà il 40% del mercato. La maggior crescita fra i settori chiave, arriverà da quello dei servizi domestici a richiesta, che forte di un incremento del 50% scavalcherà quello degli alloggi tra privati.
Londra hub europeo della Sharing Economy
In Europa sono presenti 275 società che operano nella sharing economy. Stando allo studio PWC i paesi con la maggior diffusione sono Francia e Regno Unito che contano più di 50 società attive, mentre sono più di 25 le imprese presenti in Spagna, Germani e Paesi Bassi. Meno di 25 società sono operanti in Svezia, Italia, Polonia e Belgio.
Da un’altro studio di PWC si evidenzia come il Regno Unito da tempo si ponga l’obiettivo di essere il paese leader in Europa per il settore della sharing economy. Londra da tempo si è attivata dal fronte legislativo per regolamentare il settore sia da quello politico con misure legate a creare un ambiente favorevole allo sviluppo.
Ad esempio la rapida ascesa finanza peer-to-peer è stata in parte favorita dagli sviluppi normativi con l’introduzione dell’ISA wrapper. Nel 2014, invece, il segretario di Stato Eric Pickles ha pubblicato una guida per gli enti locali per attivare e favorire la condivisione di posti macchina fra privati attraverso la piattaforma JustPark.
eppure l’Italia avrebbe le carte in regola per …
L’esperienza inglese dimostra come una regolamentazione intelligente e una politica proattiva possa essere determinante per lo sviluppo della Sharing Economy. Un po’ come successo a Malta con il bet-online, dove l’amministrazione sia stata fra le prime ad attivarsi per regolamentare il settore attirando così le maggior società del settore con ricadute positive per l’economia. Sicuramente la ricetta inglese sarebbe utile anche per l’Italia. Da una nota dello studio PWC si sottolinea, infatti, come il nostro paese assieme alla Spagna, abbia delle caratteristiche nel tessuto socio-culturale che rendono il terreno più fertile che altrove per la crescita della sharing economy.
lo stato di salute della Sharing Economy in Italia
Secondo la ricerca condotta nel giugno 2016 dall’Università degli Studi di Pavia e commissionata da PHD Italia nel 2015 questo mercato ha generato un giro d’affari pari a 3,5 miliardi di euro e tra 10 anni potrebbe valere fino a 25 miliardi.
Dal punto di vista del consumatore tipo, stando allo studio condotto da TNS, in Italia l‘utilizzo delle piattaforme di sharing economy è abbastanza trasversale. Ovviamente il fenomeno vede un particolare successo fra i più giovani cioè i Millennials che rappresentano il 24% degli utilizzatori, ma dallo studio si vede anche che ha un particolare successo nella fascia dei 35-44, la cosiddetta Generazione X che rappresenta in questo caso il 28%, a dimostrazione che il fenomeno interessa un po’ tutti.
Il 70% degli intervistati conosce la Sharing Economy e con una media di utilizzo di un italiano su quattro e una buona prospettiva di crescita.
Nonostante i numeri siano importanti e registrino una buona crescita l’Italia rimane ancora indietro rispetto ai maggior partner europei.
limiti
Uno dei maggiori limiti è il ritardo nel processo di digitalizzazione dell’economia e della società. Stando infatti al Digital Economy and Society Index 2016 (Dise), che in altre parole è l’indice creato dalla Commissione Europea per misurare il grado di diffusione del digitale nei paesi Ue, l’Italia è alla 25esima posizione tra i 28 Paesi dell’Unione europea.
Altro limite ravvisato invece dagli operatori è la mancanza di una normativa chiara che regolamenti il settore e che permetta di muoversi quindi in un terreno certo. A gennaio ad esempio la normativa, approvata alla Camera dei Deputati, che regolamenta l’attività di home restaurant ha sollevato un velo di critiche. Fortunatamente oggi sull’argomento si è pronunciata l’Antitrust che ha definito:
Il disegno di legge che disciplina l’attività di home restaurant “appare nel suo complesso idoneo a limitare indebitamente una modalità emergente di offerta alternativa del servizio di ristorazione e, nella misura in cui prevede obblighi che normalmente non sono posti a carico degli operatori tradizionali, risulta discriminare gli operatori di home restaurant, a favore dei primi
regolamentare non penalizzare
Ecco… se gli operatori chiedono una maggiore chiarezza per operare nel campo della legalità senz’altro creare norme che tagliano le ali a un settore dalle forte potenzialità va nella direzione opposta.
Per i numeri presentati dai diversi studi, quello che ci auguriamo in futuro è che si capisca la reale opportunità per una comunità intera dello sviluppo dell’economia della condivisione. Considerando inoltre come il tessuto socio-culturale italiano sia maggiormante favorevole alla diffusione del sistema potremmo anche sognare che sia l’Italia un hub per la sharing economy e non l’ennesimo treno mancato.